Trattamento degli eccessi adiposi per apoptosi degli adipociti

[vc_row top=”1px”][vc_column][vc_heading title=”TRATTAMENTO DEGLI ECCESSI ADIPOSI PER APOPTOSI DEGLI ADIPOCITI” subtitle=”Maurizio Ceccarelli & Coll. – International Centre for Study and Research in Aesthetic and Physiological Medicine” position=”left”][vc_column_text]

L’eccesso adiposo localizzato richiede trattamenti medici o chirurgici per armonizzare la figura corporea della paziente. La conoscenza della fisiopatologia dl tessuto adiposo ci permette di studiare sempre dei nuovi trattamenti utili ad ottenere questo risultato estetico.

Il tessuto adiposo rappresenta un tessuto di derivazione connettivale caratterizzato da un alto metabolismo. Infatti, nell’arco di tre – quattro settimane avviene la completa mobilizzazione e riformazione dei trigliceridi contenuti negli adipociti. Questo ci indica che esistono sistemi enzimatici, molto attivi, capaci di costruire e frammentare i trigliceridi intradipocitari.

In particolare, il sistema liposintetico prevede la captazione degli acidi grassi circolanti nel sangue legati alle lipoproteine (LDL, VLDL, Chilomicroni) per azione dell’enzima lipoproteinlipasi e la loro veicolazione, tramite carrier proteico, all’interno dell’adipocita. Qui gli acidi grassi si legano al glicerolo fosfato, proveniente dal metabolismo gli colitico del glucosio, per formare i trigliceridi.

Il processo si svolge sotto il controllo ormonale e, in particolare, è l’insulina che attiva la liposintesi. Infatti questo ormone è capace di agire a più livelli per attivare la costruzione del tessuto adiposo. L’insulina attiva la sintesi della lipoproteinlipasi, agendo a livello del PPAR nel nucleo dell’adipocita e stimolando la sintesi dell’RNA messaggero necessario alla formazione dell’enzima. Inoltre attiva anche la funzione della lipoproteinlipasi aumentando la concentrazione degli acidi grassi captati dal sangue. Infine, sempre l’insulina, legandosi allo specifico recettore di membrana sugli adipociti, consente l’apertura dei canali delle acquaporine ed il passaggio intracellulare del glucosio, precursore del glicerolo fosfato.

Il sistema lipolitico è sempre un sistema enzimatico dove l’enzima lipasi ormonosensibile agisce introducendo nella molecola del trigliceride delle molecole di acqua che lo frammentano in glicerolo ed acidi grassi. Anche questo processo è sotto il controllo ormonale ed, in particolare, sotto il controllo delle catecolamine (adrenalina e noradrenalina) che inducono la formazione dell’AMP-c necessari alla funzione enzimatica.

Le adiposità localizzate possono essere costituite, nel loro volume, o da cellule in numero normale ma di grandi dimensioni o da cellule di normale dimensione ma in grande numero. Nel primo caso parliamo di adiposità ipertrofiche e nel secondo di adiposità iperplastiche. La risposta al trattamento lipolitico è diversa nei due tipi.

Infatti, l’adipocita, come la maggior parte delle cellule differenziate ha una sua volumetria stabilita sul piano genetico. Le variazioni ambientali possono portare ad aumento o a diminuzione del volume ma, come queste situazioni finiscono, abbiamo un ritorno alla volumetria di base. Perciò la riduzione di un’adiposità ipertrofica, ottenuta attivando il processo lipolitico, sarà stabile nel tempo, a parità di condizioni ambientali. Mentre la riduzione di un’adiposità iperplastica, attivando il processo lipolitico, durerà solo il tempo dell’attivazione, ma, sospendendo il trattamento, riprenderà la sua normale volumetria. Nei casi di adiposità iperplastica dobbiamo, perciò, distruggere l’eccesso di cellule che la compongono.

Questo ci fa comprendere la difficoltà e la transitorietà del trattamento lipolitico delle adiposità iperplastiche. Inoltre ci fa comprendere la necessità di evitare il processo iperplastico.
Per molto tempo si sapeva che l’iperplasia degli adipociti interessava solo due periodi della vita: il terzo trimestre di gravidanza e la fase prepuberale. Per questo si tendeva ad evitare l’aumento di peso in questi due periodi. Oggi sappiamo che le cellule adipose possono aumentare di numero anche nella vita adulta. Questo avviene quando noi ingrassiamo oltre un certo peso.

La funzione principale delle cellule adipose è la conservazione di energia sotto forma di trigliceridi. L’energia prodotta dal catabolismo degli alimenti e non utilizzata viene impiegata nella sintesi dei trigliceridi intradipocitari. La cellula, riempiendosi di trigliceridi, aumenta il suo volume fino a
raggiungere un valore massimo (170% del volume normale). A questo punto, non potendo dividersi in due cellule figlie e non potendo accumulare altri trigliceridi, manda uno stimolo paracrino alle cellule staminali (transit amplyfing cells) presenti nello stroma vascolo-connettivale. Questo porta a moltiplicazione iniziale di queste cellule e alla loro successiva differenziazione in adipoblasti, preadipociti ed adipociti. Aumentano così le cellule adipose con iperplasia del tessuto.

Esiste un successivo adattamento che porta a morte spontanea (apoptosi), dopo un certo periodo, gli adipociti. Questo però avviene dopo 8-10 anni (tempo di vita degli adipociti). Da ciò la comprensione che chi è ingrassato ha difficoltà non a dimagrire, ma a mantenere il peso forma.

Il tessuto adiposo, rispetto agl’altri tessuti, ha una scarsa quantità di acqua, solo il 18% contro il normale del 60%. Questo ci indica che, per ottenere un processo di cavitazione (passaggio di stato dell’acqua a vapore) dobbiamo obbligatoriamente infiltrare con liquidi questo tessuto.
Il tessuto adiposo è riccamente vascolarizzato, ogni adipocito, normalmente, ha un suo capillare. La superficie di contatto tra il capillare e la parete adipocitaria è importante per i regolari scambi metabolici (liposintesi e lipolisi).

Fatte queste premesse, possiamo iniziare a parlare dei possibili trattamenti lipolitici e lipoclasici. Iniziamo con i lipolitici, ricordando che sono indicati solo in caso d’ipertrofia adipocitaria e che il mantenimento della risposta dipende dal mantenimento locale di una omeostasi metabolica.
La maniera più semplice di indurre la riduzione della quantità dei trigliceridi intradipocitari è quella di attivare la lipasi ormonosensibile. Questo non può essere fatto direttamente perché non è possibile utilizzare catecolamine o tiroxina per un trattamento di riduzione delle adiposità localizzate. Per questo, si attiva la lipasi in modo indiretto.

L’attivazione della lipasi consegue alla formazione di AMP-c e dura per il tempo della presenza di questa sostanza. L’AMP-c è rapidamente inattivato dalle fosfodiesterasi 3. Da ciò, bloccando le fosfodiesterasi 3 possiamo far durare un tempo maggiore l’AMP-c e quindi avere un’attivazione più lunga della lipasi con conseguente idrolisi dei trigliceridi e lipolisi.

Il trattamento è fatto per via mesoterapia utilizzando basi xantiniche per bloccare le fosfodiesterasi e carnitina per veicolare gli acidi grassi e consentire la finale metabolizzazione di questi. Si esegue un trattamento ogni sette giorni sino al risultato o per almeno quattro sedute.

Possiamo utilizzare, per attivare la lipolisi, anche un trattamento sistemico detto, trattamento aminoacidico. Questo trattamento deriva dalla dieta proteica di Blackburn, basata sulla somministrazione di sole proteine in assenza di zuccheri. Gli studi clinici eseguiti sui pazienti sottoposti a questo trattamento hanno evidenziato una caduta della concentrazione ematica dell’insulina ed un’elevazione dei valori ematici del growth hormon. Tutto questo determina un blocco dei processi liposintetici con un’attivazione indiretta di quelli lipolitici. L’aumento del processo lipolitico consente di compensare il basso livello energetico somministrato con la catabolizzazione dei trigliceridi intradipocitari.

Descritti i trattamenti di attivazione del processo lipolitico, possiamo passare ai trattamenti lipoclasici, dedicati alla riduzione delle adiposità di tipo iperplastico.
Una delle possibilità è l’uso di infiltrazioni intradipose di ossigeno medicale. L’ossigeno è tossico per il materiale biologico, infatti si muove nel nostro corpo legato all’emoglobina. La tossicità dell’ossigeno va attribuita al tempo necessario per completare il suo ottetto. Infatti, avendo due elettroni con lo stesso spin su di un medesimo orbitale può aggiungere facilmente un elettrone ma impiega un tempo più lungo per aggiungere il secondo (inversione dello spin). Il radicale dell’ossigeno con sette elettroni può, in attesa dell’inversione dello spin, reagire con strutture biologiche che possono fornire l’elettrone più rapidamente. Questo porta ad ossidazione e a danno delle strutture biologiche. L’apolarità dell’ossigeno gli consente di diffondere facilmente nel tessuto adiposo e di danneggiarlo.
Un altro importante trattamento lipoclasico è l’idrolipoclasia ultrasonica e cioè l’applicazione di ultrasuoni sul tessuto adiposo debitamente infiltrato con soluzioni acquose. La cavitazione del liquido infiltrato porta al passaggio di stato dell’acqua con formazione di microbolle che, successivamente compresse, implodono liberando energia che danneggia il grasso. La mancanza di strumentazioni ad alta potenza ha portato all’uso di soluzioni che potevano avere già un effetto lipoclasico.

Possiamo utilizzare tipi diversi di soluzioni: soluzioni ipotoniche, soluzioni emulsionanti e soluzioni ad attività apoptosica.
Le soluzioni ipotoniche agiscono determinando il passaggio di acqua attraverso la membrana cellulare. Questo porta al rigonfiamento della cellula fino ad un massimo che determina la rottura della parete e morte cellulare.

Le soluzioni emulsive agiscono determinando la solubilizzazione della componente lipidica della struttura lipo-proteica della membrana cellulare. Il detergente utilizzato per questa funzione è il desossicolato. L’alta capacità detergente di questa sostanza ne obbliga l’uso in diluizione (0,4%) per evitare possibili danni ai tessuti trattati. Infatti, l’azione di rottura delle membrane si può evidenziare anche a livello dei polimorfo nucleati con liberazione di mieloperossidasi, enzimi lisosomi ali, proteasi, etc. che, se in grande quantità possono portare a necrosi del tessuto.

L’ultima soluzione proposta ed utilizzata per la sua azione lipoclasica è un soluzione che può indurre il processo di apoptosi adipocitaria. Quando le cellule subiscono un danno d’intensità tale da non poter essere riparato, si attiva un particolare processo, detto apoptosi, che porta alla morte spontanea della cellula. Si attiva una cascata enzimatica che inizia con la liberazione dal mitocondrio del citocromo c. Questo si lega alle procaspasi, attivandole in caspasi e determinando l’innesco di endonucleasi, che frammentano il materiale nucleico e di proteasi che lisano il materiale citoplasmatico portando all’espressione, fuori della membrana cellulare, di residui di fosfatidilserina. Questi, non riconosciuti come componenti cellulari, determinano la fagocitosi cellulare da parte dei macrofagi.

Il processo apoptosico è presente nel tessuto adiposo con il fine di eliminare gli adipociti che hanno terminato il loro ciclo vitale. Il nostro scopo è quello di attivare questo processo in modo da determinare la morte degli adipociti normali, che eccedono in numero.
Gli studi sull’azione delle varie sostanze antiossidanti ha rilevato che questa loro funzione è presente quando sono in una concentrazione limitata. Il loro eccesso svolge un effetto paradosso portando, anziché ad una protezione del danno, alla attivazione del danno per produzione di radicali liberi. Questo riguarda tutte le sostanze antiossidanti ed, in particolare, l’acido ascorbico. Questo, in presenza di metalli di transizione, porta all’attivazione della Reazione di Fenton e alla formazione di radicali idrossilici che danneggiano la cellula.

L’Apoptosi è il processo di morte cellulare programmata. E’ caratterizzata da una serie di eventi biochimici che portano ad alterazioni cellulari caratteristiche e alla morte. Questi cambiamenti includono il blebbing, il restringimento delle cellule, la frammentazione nucleare, la condensazione della cromatina e la frammentazione del DNA cromosomico. A differenza della necrosi, che è una forma di morte cellulare traumatica che deriva dalla lesione cellulare, l’apoptosi produce frammenti di cellule chiamate corpi apoptotici che i fagociti sono in grado d’inglobare e rimuovere rapidamente prima che il contenuto della cellula possa riversarsi verso le cellule circostanti e causare danni.

Una cellula avvia l’attivazione intracellulare apoptotica in risposta ad uno stress o di un danno non riparabile. Il processo è caratterizzato da un’attivazione a cascata di enzimi, controllata da proteine regolatrici che possono interrompere il percorso in ogni momento. Molti percorsi e segnali portano all’apoptosi, ma sempre con lo stesso meccanismo intracellulare.

Le proteine d’induzione dell’apoptosi (TNF-R1, Fas) provocano rigonfiamento mitocondriale attraverso la formazione di pori della membrana e aumentano la permeabilità della membrana mitocondriale. Proteine mitocondriali conosciute come SMACs vengono rilasciate nel citosol a seguito di questo aumento della permeabilità. Le SMAC si legano all’inibitore delle proteine dell’apoptosi (IAP) e lo disattivano, impedendo allo IAP di arrestare il processo apoptotico e quindi permettendo l’apoptosi di
procedere. Lo IAP normalmente sopprime l’attività di un gruppo di proteasi chiamato caspasi. Ci sono due tipi di caspasi: caspasi iniziatrici ( 8,10,9,2) e caspasi effettrici ( 3,7,6). Le caspasi effettrici attivate stimolano una serie di proteine intracellulari (endonucleasi, proteasi) ad effettuare il programma di morte cellulare. Dai mitocondri è rilasciato il Citocromo c, questo, una volta rilasciato, si lega con il fattore di attivazione delle proteasi apoptotiche-1 (Apaf-1) alla pro-caspasi-9 per creare un complesso conosciuto come apoptosoma. E’ la forma attiva della caspasi-9, che attiva l’effettore caspasi-3.

Le cellule danneggiate dall’apoptosi vengono eliminate dai fagociti in un processo definito efferocitosi. Il danno apoptosico porta all’espressione sulla superficie cellulare di strutture dette corpi apoptosici caratterizzati dalla fosfatidilserina, sulla loro superficie. La fosfatidilserina si trova normalmente sulla superficie citosolica della membrana plasmatica, ma viene ridistribuita durante l’apoptosi sulla superficie extracellulare. Queste molecole sono uno stimolo per la fagocitosi da parte dei macrofagi. La rimozione delle cellule da parte dei fagociti avviene in modo ordinato senza provocare una risposta infiammatoria.

Alcuni recenti studi, hanno evidenziato la capacità di danno dell’acido ascorbico a livello degli adipociti. (The effect of local injection with vitamin C to adipocytes apoptosis, Gao Yan Wei Qiang Chen ShiHai, Journal of Chinese Medicine Research, 2009 Vol. 9 No. 6 pp. 325-329). Riportando la concentrazione di 0,12-0,24% come quella necessaria all’attivazione del processo apoptosico.

In un altro lavoro (Relationship between ascorbyl radical intensity and apoptosis-inducing activity, Sakagami H, Satoh K, Ohata H, Takahashi H, Yoshida H, Iida M, Kuribayashi N, Sakagami T, Momose K, Takeda M., Anticancer Res. 1996 Sep-Oct;16(5A):2635-44) si parla dell’induzione di apoptosi con 1-10 mMoli di acido ascorbico. Con un semplice calcolo, sapendo il Peso Molecolare dell’Acido Ascorbico (176), possiamo risalire alla quantità di vitamina che dobbiamo utilizzare. 5,68 mMol.

L’apoptosi attivata dall’acido ascorbico segue la via intrinseca, mediante la formazione endocellulare di radicali idrossilici. In presenza di metalli di transizione (ferro ionico) l’acido ascorbico attiva la Reazione di Fenton con liberazione di radicali liberi di tipo idrossilico. L’aumento di radicali liberi determina, a livello cellulare, l’attivazione dei canali del calcio con aumento intracellulare di questo ione. L’aumento di ioni calcio porta ad aumento di permeabilità dei mitocondri con liberazione del citocromo c ed attivazione della cascata delle caspasi. In particolare, la morte cellulare avviene per attivazione finale di una endonucleasi, che frammenta il nucleo, e di proteasi, che dividono la cellula in piccole porzioni (i corpi apoptosici) e liberano sulla superficie della cellula dei residui di fosfatidilserina. I residui di fosfatidilserina rendono eterologhi i corpi apoptosici stimolandone la fagocitosi e la digestione.

Abbiamo affermato che la particolarità dell’apoptosi, che la differenzia dalla necrosi cellulare, è l’assenza d’infiammazione. La cellula viene fagocitata dai macrofagi senza liberazione di mediatori infiammatori. Sia l’apoptosi che la necrosi portano a morte cellulare, ma la prima non è caratterizzata da rottura cellulare e da liberazione di sostanze che possano attivare un processo infiammatorio. Dobbiamo però essere sicuri che la concentrazione dell’acido ascorbico, al di la del risultato, non induca danno nella parete cellulare.

Infatti, i radicali liberi prodotti, se in concentrazione non eccessiva, inducono apoptosi. Ma se in eccesso possono lipoperossidare le pareti cellulari danneggiandole e portare a rottura cellulare.
Noi possiamo distinguere l’apoptosi dalla necrosi, con un microscopio a fluorescenza e differenti colorazioni. La positività all’Annexina V caratterizza l’apoptosi (evidenzia la fosfatidilserina). La positività all’Annexina V e allo Ioduro di Propidio (evidenzia la cromatina nucleare), caratterizza la necrosi.

Le valutazioni microscopiche e cliniche effettuate, ci consentono di affermare che concentrazioni di 40 mg di acido ascorbico/ml sono sicure (apoptosi senza necrosi).
Dobbiamo considerare anche l’iperosmolarità dell’acido ascorbico. Infatti, applicando la legge di Van’t Hoff, che lega la pressione osmotica alla concentrazione molare di una sostanza abbiamo rilevato l’osmolarità dell’acido ascorbico che iniettavamo. Possiamo vedere che, per l’ acido ascorbico, l’osmolarità è sette volte il valore normale. La soluzione fisiologica (cloruro di sodio allo 0,9%) è così chiamata perché non interferisce sull’equilibrio osmotico dei tessuti. Infatti il calcolo della sua pressione osmotica ci da il valore di 310 mOsm/l.

Ora possiamo procedere alla preparazione. In mancanza, ancora, di un Medical Device pronto, prepariamo, galenicamente, il prodotto da utilizzare.
Mettiamo in una boccettina da 100 ml di acqua sterile, 0,2 ml di ferro ferrico e 3 ml di lidocaina al 2%. Al momento dell’uso, preleviamo 7 ml della soluzione preparata e li mescoliamo con 1 ml di acido ascorbico 1gr/5ml (200 mg di acido ascorbico). Iniettiamo, per ogni cmq, con ago da 6 mm 30G, 1 ml di soluzione preparata (30 mg acido ascorbico).

Anche le borse palpebrali, dovute ad un eccesso di grasso, possono essere ridotte con l’induzione locale dell’apoptosi degli adipociti. Si inserisce la soluzione apoptotica direttamente nelle borse di grasso. Si iniettano 0,1 ml di acido ascorbico (3 mg), utilizzando un ago da 4 mm 30G, per ciascuna borsa adiposa (laterale, centrale e mediale). L’ago viene inserito subito sopra l’arcata orbitaria inferiore. Il risultato è molto rapido (l’apoptosi è un processo che avviene in poche ore) ed evidenziabile dopo solo 2-3 giorni.

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